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Servizi di Ingegneria Energetica

 

Impianti Eolici

Il vento, come l’acqua, è una delle fonti energetiche d’origine naturale utilizzate dall’uomo fin dall’antichità.
Oggi la macchina che viene utilizzata per la trasformazione dell’energia meccanica del vento in energia elettrica è detta aerogeneratore: il principio di funzionamento è lo stesso del mulino ma le pale spinte dal vento sono collegate a un generatore di energia elettrica.
L’aerogenatore è costituito da un palo di sostegno che porta sulla sommità una navicella (la cabina dove è contenuto il generatore elettrico e un albero di trasmissione). All’esterno della navicella è collocato il rotore, costituito da un mozzo sul quale sono montate le pale che intercettano il vento.
Le diverse tipologie di aerogeneratore si differenziano sostanzialmente, indipendentemente dalla taglia e dunque dalle dimensioni, per:

• i sistemi di controllo della potenza;
• la velocità del rotore che può essere costante o variabile;
• la presenza o assenza di un moltiplicatore di giri tra mozzo e generatore.
  
 
La possibilità di sfruttare l’energia eolica è vincolata dalle caratteristiche del sito in cui si intende installare l’areogeneratore. E’ ovvio che la valutazione della ventosità media è il parametro fondamentale da considerare ma l'esistenza di strade adeguate e la vicinanza a linee elettriche devono essere tenute presente, poiché hanno implicazioni dirette con la redditività dell’iniziativa.

Energia solare:
La conversione della energia della radiazione solare in calore è uno dei modi più conosciuti e sfruttati per utilizzare l’energia solare. I parametri chiave per il progetto di un impianto solare sono la temperatura e la porzione di energia utilizzabile, determinate per la maggior parte dalla latitudine dell’impianto (da cui dipende la concentrazione della radiazione solare) e dalle caratteristiche della superficie assorbente.
La radiazione solare può essere sfruttata direttamente o indirettamente. Nel primo caso l’energia può essere impiegata per il riscaldamento e il condizionamento degli ambienti e per il riscaldamento dell’acqua (in abitazioni, strutture sportive, ecc.), e l’impianto si definisce Termico. Nel secondo caso il calore viene sfruttato in cicli termodinamici che consentono produzione di elettricità da immettere direttamente nella rete, e si parla di impianti Termodinamici.

Solare termico:
Il funzionamento è relativamente semplice e si basa sulla capacità che hanno i corpi neri di assorbire calore.
Riscaldamento dell’acqua: la superficie annerita di una lastra metallica (collettore solare) esposta al sole assorbe calore e lo cede all’acqua che viene fatta circolare all’interno di tubi a contatto con il collettore, che cede quindi il calore assorbito al fluido riscaldandolo. Quindi l’acqua viene inviata ad un serbatoio di stoccaggio ed è pronta per essere impiegata come acqua calda nell’ambiente domestico.
Riscaldamento dell’aria: ha un funzionamento analogo al precedente. A contatto con il collettore solare ci sono tubi in cui viene inviato un flusso di aria proveniente dall’interno dell’abitazione. L’aria si riscalda a contatto con la superficie del collettore, e quindi in parte viene inviata direttamente nell’abitazione, in parte ad un serbatoio di stoccaggio per il riscaldamento notturno.

Solare termodinamico:
Ci sono fondamentalmente tre tipi di impianti che producono energia elettrica attraverso cicli termodinamici lavorando a medie o alte temperature:
• Parabolic Dish (Specchi parabolici): la superficie riflettente è costituita da un disco a sezione parabolica mobile, che insegue su due assi la radiazione solare concentrandola nel punto focale, in cui è posto un collettore termico. Il calore immagazzinato dal collettore alimenta direttamente un motore (motore Stirling), grazie al quale si ottiene la trasformazione in energia elettrica. Il rendimento di questo motore può raggiungere anche il 40[[%]] e permette di usare direttamente la radiazione senza ulteriori perdite di calore, però questi impianti sono molto costosi e difficili da gestire.
• Parabolic Trough (Specchi semicilindrici lineari a sezione parabolica): sono costituiti da semi-cilindri a sezione parabolica, che inseguono la radiazione ruotando solo attorno al loro asse e la concentrano nel fuoco che si sviluppa linearmente. Il collettore è quindi lineare, ed al suo interno viene fatto circolare il fluido che costituisce lo scambiatore primario. Il fluido primario cede poi il calore ad un fluido secondario (generalmente acqua) collegato al gruppo turbina-alternatore, che trasforma l’energia termica in elettrica. Questi collettori vengono disposti sul terreno in file parallele, pertanto richiedono grandi spazi aperti, ed inoltre possono ruotare solo intorno al loro asse.
• Solar Tower (o CRS – Central Receiver System): l’impianto è costituito da numerosi specchi, detti eliostati, che concentrano la radiazione in uno stesso punto. Il ricevitore si trova in cima ad una torre (da cui il nome “torri solari”) ed al suo interno viene fatto scorrere il fluido primario che assorbe il calore. Come nel caso precedente c’è uno scambiatore secondario (generalmente acqua) collegato al gruppo turbina-alternatore che trasforma l’energia termica in elettrica. Questi sono gli impianti che lavorano alle più alte temperature. Le perdite energetiche più importanti sono dovute a perdite ottiche e perdite collegate al calore radiante.
 

Impianti Fotovoltaici

Sono impianti che sfruttano l’energia solare (fotoni) convertendola direttamente in energia elettrica. Sono impianti “modulari”: l’unità fondamentale è detta cella fotovoltaica, generalmente di forma quadrata e superficie di 100 cm2, funzionante come una batteria. Le celle sono raggruppate in elementi commerciali unitari detti moduli (mediamente hanno una superficie di 0,5 m2), che una volta collegati prima in serie (stringhe) e poi in parallelo danno luogo al generatore fotovoltaico. I moduli montati su strutture di sostegno sono detti pannelli, vengono orientati lungo l’asse Est-Ovest e inseguono il moto apparente del sole ruotando attorno al loro asse.
La produzione di energia elettrica sotto forma di corrente continua avviene nella cella fotovoltaica, che può essere descritta come un “foglio” di spessore molto piccolo, generalmente di silicio, le cui proprietà elettriche vengono modificate tramite l’impiego di sostanze “droganti”, che cioè si inseriscono tra gli atomi di silicio modificandone la struttura chimica e di conseguenza il “comportamento elettrico”.
La faccia esposta al raggio solare viene drogata generalmente con piccole quantità di fosforo, mentre la faccia opposta viene drogata con atomi di boro. Questa procedura permette di realizzare in uno spessore piccolissimo (0,25 mm – 0,35 mm) una vasta superficie di contatto (detta ‘giunzione’) tra due strati (le due facce del foglio) aventi potenziale elettrico diverso: permette cioè di generare una differenza di potenziale fra le due facce esterne del foglio. La zona compresa tra le due facce (e quindi la giunzione) diventa sede di un forte campo elettrico. A questo punto, quando la parte esterna (cioè esposta alla radiazione solare) della cella fotovoltaica viene colpita da un fotone si genera un flusso di elettroni, e quando la cella è collegata ad un utilizzatore queste cariche danno luogo ad una circolazione di corrente elettrica.
La corrente elettrica aumenta all’aumentare della radiazione incidente. Alle nostre latitudini, ad una temperatura di 25°C, una cella fotovoltaica di 100 cm2 produce una potenza di picco pari a 1,5 Wp.
Va tenuto presente che la cella fotovoltaica assorbe solo quei fotoni aventi una energia superiore ad un valore minimo.
Anche se la ricerca scientifica in questo settore sta lavorando molto sia sull’aumento dell’efficienza della conversione (il rendimento di conversione della cella fotovoltaica è circa 12[[%]]-17[[%]]) sia sulla ricerca di materiali meno costosi, questi impianti che sfruttano una fonte energetica inesauribile sono estremamente promettenti.


Energia da biomasse

Con il termine biomassa nell’accezione più generale possiamo considerare tutto il materiale di origine organica sia vegetale che animale. E’ intuitivo come rientri in questa definizione una grande quantità di materiali molto eterogenei tra loro. E’ possibile distinguere vere e proprie materie prime (colture dedicate arboree ed erbacee, ecc.) e prodotti di scarto derivati da molteplici attività che interessano: il comparto agricolo-forestale (residui delle pratiche agricole-forestali e zootecniche), il comparto industriale (scarti industria del legno, scarti industria agroalimentare e industria della carta) ed infine il settore dei rifiuti solidi urbani.
I combustibili solidi, liquidi o gassosi derivati da questi materiali (direttamente o in seguito a processi di trasformazione) sono definiti biocombustibili mentre qualsiasi forma di energia ottenuta con processi di conversione dai bio-combustibili è definita bio-energia.
La conversione energetica avviene principalmente attraverso processi termochimici e biochimici.
I processi termochimici sono:
• Combustione: è il più semplice dei processi termochimici e consiste nell’ossidazione completa del combustibile a H2O e CO2;
• Gassificazione: il processo di gassificazione consiste nella trasformazione di un combustibile solido o liquido, nel caso specifico della biomassa, in combustibile gassoso, attraverso una decomposizione termica (ossidazione parziale) ad alta temperatura. Il gas prodotto è una miscela di H2, CO, CH4, CO2, H2O (vapore acqueo) e N2, accompagnati da ceneri in sospensione e tracce di idrocarburi (C2H6). La proporzione tra i vari componenti del gas varia notevolmente in funzione dei diversi tipi di gassificatori, dei combustibili e del loro contenuto di umidità;
• Pirolisi: è un processo di degradazione termica di un materiale (nello specifico la biomassa) in assenza di agenti ossidanti (aria o ossigeno) che porta alla produzione di componenti solide, liquide e gassose.
Attualmente si stanno sviluppando processi di Co-Combustione e di Co-Gassificazione volti a utilizzare nello stesso impianto biomasse e combustibili tradizionali come il carbone.
I processi biochimici riguardano essenzialmente la Digestione Anaerobica, ossia la degradazione della sostanza organica in assenza di ossigeno ad opera di alcuni ceppi batterici. Questo processo interessa la biomassa con un alto grado di umidità (reflui zootecnici, la parte organica dei rifiuti solidi urbani ecc.) portando alla produzione di biogas (CH4 e CO2) e può avvenire sia nelle discariche che in reattori appositamente progettati chiamati digestori.


Biocombustibili

I bio-combustibili sia liquidi che gassosi sono prodotti sostanzialmente a partire dalle biomasse e possono essere utilizzati come combustibili per il trasporto e per il riscaldamento.
Si possono distinguere dei bio-combustibili di prima generazione con tecnologie di produzione ed utilizzo ormai consolidate ed alcuni di seconda generazione che necessitano di ulteriori sviluppi tecnologici.
Possiamo considerare bio-combustibili di prima generazione:
• il Biodiesel (MetilEstere): derivato dalla esterificazione degli oli vegetali di colza e girasole;
• il Bio-etanolo: prodotto da biomasse zuccherine (canna da zucchero, barbabietole, mais, ecc.) attraverso fermentazione e successiva estrazione;
• il Biogas: costituito principalmente da metano (CH4) e anidride carbonica (CO2) e prodotto dalla fermentazione anaerobica della sostanza organica contenuta nei rifiuti urbani e nei reflui zootecnici.
Per quanto riguarda i bio-combustibili di seconda generazione le ricerche si stanno concentrando sull’utilizzo di DME (Dimetiletere), del FT-Diesel (diesel di sintesi derivato dal processo di Fischer-Tropsch) e del Bio-Etanolo derivato da biomasse legnocellulosiche.
Infine, tra le iniziative nel campo dei biocombustibili la più affascinante è sicuramente quella che riguarda lo sviluppo del vettore energetico Idrogeno (liquido e gassoso).
In particolare l’uso dell’idrogeno come vettore energetico può aumentare la sicurezza energetica a lungo termine mitigando gli effetti dell’inquinamento e delle emissioni dei gas serra.
Le sfide tecniche per raggiungere una economia ad idrogeno includono l’abbassamento del costo di produzione, lo stoccaggio, il trasporto, la distribuzione e l’uso finale dell’idrogeno. Le altre necessità includono le tematiche di sicurezza attraverso una migliore conoscenza di codici e standard relativi alle tecnologie da utilizzare in maniera efficiente, pulita, sicura ed affidabile, le campagne educative per aumentare la coscienza sociale, per accelerare il trasferimento di tecnologia e per aumentare la conoscenza pubblica dei sistemi energetici ad idrogeno.
Nel maggio del 2003 l’Unione Europea ha pubblicato la Direttiva 2003/30/CE sulla “Promozione dell’uso dei bio-carburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti”, in cui vengono proposti degli obiettivi indicativi per assicurare la penetrazione nel mercato della distribuzione dei carburanti di una quota minima di bio-combustibili. Gli Stati Membri sono tenuti ad utilizzare una quota minima di bio-combustibili pari al 2[[%]] dell’energia contenuta nella benzina e nel diesel immesso sul mercato entro il 31 dicembre 2005 e ad aumentare tale percentuale fino a raggiungere il 5,75[[%]] entro il 31 dicembre 2010.
 
Dal punto di vista delle dimensioni, ormai sul mercato l’offerta di areogeneratori è molto varia: si va da piccole potenze per utenze isolate (5-100 kW con un diametro del rotore che va da 3 a 20 metri) a grandi macchine con potenze associate fino a 5 MW e un diametro del rotore di 124 metri. L’evoluzione tecnologica ha permesso di aumentare le potenze associate contenendo comunque le dimensioni.


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